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Gli acciaieri: “Tutta l’industria rischia se va in crisi il nostro settore”. Intesa sull’energia

Gli acciaieri: “Tutta l’industria rischia se va in crisi il nostro settore”. Intesa sull’energia

bergamo - Se l’industria soffre, l’acciaio piange. «Rappresentiamo un settore strategico per tutta la manifattura nazionale», dice il presidente di Federacciai Antonio Gozzi, e «senza acciaio non ci sono infrastrutture, costruzioni, meccanica, automotive, energia, difesa». Proprio per questo suo ruolo alla base della piramide dell’industria, l’assemblea annuale tenuta a Bergamo diventa l’occasione per mettere in fila tutto quello che non va nel rapporto tra manifattura e regole europee, ma anche - su una nota più lieta - per mandare in scena l’abbraccio tra produttori e consumatori di energia, le due anime confindustriali che finora si sono fatte la guerra e adesso contano invece su un accordo che potrebbe cambiare uno dei fattori competitivi dove le imprese «energivore» sono più penalizzate.

Non sono i dazi di Trump, infatti, la preoccupazione maggiore di Gozzi e dei suoi colleghi, anche perché ormai l’export di acciaio italiano verso gli Usa è circa l’1% della produzione nazionale, ma le norme «green» che l’Europa si è data e la permeabilità alle importazioni cinesi. Così, la lista che gli acciaieri presentano al governo - quello di Roma, ma soprattutto l’esecutivo di Bruxelles - chiede condizioni eque nel commercio internazionale, «perché ormai l’Europa è diventata l’ammortizzatore sociale della Cina, che ci inonda con i suoi prodotti, spesso in dumping», un «approccio più pragmatico e meno ideologico alla transizione ecologica», che significa tra l’altro che «senza quote gratuite di Co2 tutti gli altiforni europei sono destinati a chiudere».

Ancora, Gozzi, batte sui prezzi dell’energia, e chiede di fatto un blocco alle esportazioni di rottame ferroso, che è alla base della produzione con forni elettrici, che riguarda il 90% dell’industria italiana. E poi c’è la questione Ilva, che è «ai titoli di coda». Al governo, Gozzi chiede «non di fare piani industriali che sono una roba da Urss», ma di occuparsi di «quei fattori abilitanti che permettano a soggetti industriali di investire in un produttore strategico per l’Italia».

All’assemblea arrivano anche le assicurazioni degli interlocutori: ci sono i vicepresidenti della Commissione europea Raffaele Fitto e Stéphane Séjourné e quest’ultimo, responsabile della Strategia industriale, ribatte che l’Europa sta cambiando marcia e , che in passato è stata «ingenua» nel vincolare con troppe norme la sua manifattura.

Sul palco anche Flavio Cattaneo. l’ad di Enel. Proprio con i produttori di energia gli “energivori” hanno siglato un’intesa che per Gozzi è importante non solo perché «può portare a un significativo abbassamento del prezzo dell’elettricità per famiglie e imprese», ma anche perché segna «un accordo di sistema “patriottico”». Cattaneo parla di «alcune possibili soluzioni immediate, concrete ed efficaci... che permetterebbero di fornire fino a oltre 30 terawattora di energia rinnovabile alle imprese a prezzi inferiori alla media europea» e che passano - come è noto, dalla cessione di energia fotovoltaica a prezzi ribassati, dall’annullamento del differenziale tra il prezzo del gas europeo e quello italiano, e da energia idroelettrica anch’essa a prezzi ridotti, che i produttori legano però al fatto che le concessioni non vengano messe a gara.

Anche il presidente di Confindutria Emanuele Orsini ha il suo bilancio da fare: plaude alla possibilità che iper e superammortamento diventino pluriennali, ma bacchetta il governo sull’improvviso stop a Industria 5.0: «Così viene a mancare il rapporto di fiducia tra imprese e istituzioni». In serata fonti del ministero dell’Industria precisano che per il piano di incentivi alla modernizzazione la scadenza di fine dicembre non è cambiata.

La Repubblica

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